Rome Business School, che fa parte di Planeta Formación y Universidades – un network internazionale creato nel 2003 da De Agostini e dal Gruppo Planeta – ha pubblicato la ricerca “La seconda vita dei beni contraffatti in Italia. Casi studio dal mondo dell’arte e della moda”, che analizza quello che rappresenta un pericolo crescente non solo per i consumatori, ma anche per le aziende e l’intera economia mondiale. La contraffazione, infatti, ha segnato nel 2019 un giro d’affari di 412 miliardi di euro, corrispondenti al 2,5% del commercio mondiale. A livello europeo, si stima che il 56% dei sequestri delle merci contraffatte provenga da vendite nel web.
Il giro d’affari della contraffazione in Italia
Oggi l’Italia è il quarto paese al mondo per beni contraffatti, dopo Stati Uniti, Francia e Germania, per un ammontare totale delle perdite pari a circa 225 milioni di euro. In particolare, la contraffazione riguarda i settori moda, cosmetici e arte, e genera perdite per l’Italia di quasi 4 milioni di euro (Guardia di Finanza, 2022). Secondo la Camera di Commercio Internazionale, invece, per l’anno in corso, si prevede che a livello mondiale i posti di lavoro messi a rischio dal mercato grigio ammontino a 5,4 milioni.
I giovani e il mercato della contraffazione
A giugno 2022, l’EUIPO ha condotto uno studio volto a indagare le abitudini dei giovani nella fascia di età tra i 15 e i 24 anni in relazione all’uso di prodotti contraffatti e pirati. Dall’analisi emerge che: il 37% dei giovani intervistati dichiara di aver comprato tramite un canale di e-commerce almeno un prodotto falso negli ultimi 12 mesi (contro il 14% del 2021); e che 1 ogni 5 giovani europei ha usufruito di servizi pirati online negli ultimi mesi precedenti, nello specifico film (61%), serie tv (52%), musica (36%), software e eventi sportivi in diretta (entrambi al 35%). Vestiti e accessori rimangono al primo posto (17%), seguiti da calzature (14%), dispositivi elettronici (13%) e prodotti per l’igiene, cosmetici, cura della persona e profumi (12%). Talvolta gli acquirenti non lo fanno intenzionalmente, ma vengono indotti in errore date le difficoltà nel distinguere i prodotti autentici dai contraffatti, in particolare nell’online, dove si può incappare in prodotti contraffatti con maggiore facilità. Michela Bonafoni, una delle autrici della ricerca, ricorda che “i social aumentano il desiderio delle giovani generazioni di stare al passo con i trend, e sono spinti ad acquistare prodotti fake per l’aumento dei prezzi degli originali e dall’estrema raggiungibilità dei prodotti falsi online”.
La contraffazione e l’industria della cosmetica
Per quanto concerne l’Italia, l’impatto della contraffazione di cosmetici è dell’11,9%, pari a 935 milioni di euro di mancate vendite ogni anno. Nonostante ciò, il settore cosmetico è in forte crescita. In Italia, la spesa complessiva per l’acquisto di cosmetici negli ultimi dieci anni è passata da 10 miliardi e 448 milioni a 10 miliardi e 640 milioni mentre, nell’online, si è passati dai 27 milioni di spesa del 2011 agli 871 del 2021. Tuttavia, aumentano i cosmetici contraffatti che vengono comprati consapevolmente: secondo uno studio del Ministero delle Infrastrutture e del Made in Italy (ex Ministero dello Sviluppo Economico, MISE), il 21% della popolazione italiana ha acquistato almeno una volta un cosmetico falso e il 12,9% lo ha fatto intenzionalmente.
Strumenti per contrastare la contraffazione
“Codici a barre, identificazione a radiofrequenza, tag scansionabili e tecnologia blockchain, sono solo alcuni esempi di applicazioni che hanno l’obiettivo di proteggere e salvaguardare i marchi e i consumatori finali. afferma Valerio Mancini, tra gli autori della ricerca. Cosa fare, invece, delle migliaia i beni contraffatti sequestrati ogni anno? Mancini sostiene che bisognerebbe “reintrodurre le merci sul mercato una volta confermato che non pongono nessun rischio per le persone. Questo in un’ottica di sostenibilità e di economia circolare, soprattutto considerando la scarsità delle materie prime. La pratica della distruzione, oggi più che mai è altamente dannosa per l’ambiente”. Mancini aggiunge, inoltre, che si potrebbero usarne le parti non riciclabili per la creazione di combustibili di fonte alternativa, come proposto da numerose realtà e startup, come “Ri-Circola”.
In merito alle opere d’arte, un’alternativa per rimetterle in circolazione è metterle all’asta, venderle o destinarle a finalità sociali. Sicuramente però, ci sono opere che non possono semplicemente avere una seconda vita nel mercato, perché appartengono alla storia dell’umanità. In questo caso, vale la pena mettere in luce esempi virtuosi come il “Museo dell’Arte Salvata”, una sezione del Museo Nazionale Romano inaugurata lo scorso anno, che accoglie opere d’arte trafugate, disperse, vendute o esportate illegalmente. Un’ulteriore ipotesi al vaglio per la protezione delle merci è l’istituzione di un osservatorio scientifico di monitoraggio, con una banca dati condivisa da gestori dei marketplace, aziende proprietarie dei marchi, operatori postali, forze dell’ordine e altre autorità pubbliche. Infine, l’idea di tavoli di collaborazione con le aziende di moda e lusso, per arginare il fenomeno.