Secondo l’analisi condotta dal Centro Studi di Confindustria Moda per Assopellettieri, la prima metà del 2022 si è chiusa positivamente, segnando un deciso recupero in tutte le principali variabili congiunturali, e la prosecuzione del consolidamento post-pandemia.

Si registra, in particolare, un incremento per la produzione industriale del +12,4% sul 2021 (che resta  però sempre notevolmente al di sotto rispetto al periodo gennaio-giugno 2019) e un incremento tendenziale medio del fatturato pari al +15%. Dati che sono sostenuti dai recuperi sul mercato interno, che segna un +12,2% (restando però del -8,7% sotto i dati 2019,) e soprattutto dell’export, che registra un +17,3% in valore nei primi 5 mesi, nonostante un sensibile rallentamento, in termini di volume, nei mesi di aprile e maggio.

Dinamiche su cui giocano un ruolo fondamentale i grandi brand del lusso (come testimonia l’aumento non trascurabile del prezzo medio, sia complessivo, che su alcuni importanti mercati di sbocco), che hanno permesso di ridurre il divario con la situazione 2019 pre-Covid ad un -1% in termini di volume, e di superarla del 4,4% in valore.

Le borse sono il prodotto più venduto (coprono oltre 2/3 in valore) e fanno segnare un aumento del +20,2%; seguono a distanza gli articoli di piccola pelletteria , con una quota del 16%, e le cinture (+13%), mentre le valigie e gli articoli da viaggio mostrano recuperi meno marcati (+9,4%).

Per quanto riguarda le aree di sbocco, vanno bene le vendite nell’Unione Europea (+17% in valore); brillano i mercati nordamericani (USA +67% e Canada +81%), la Corea del Sud (+43%), gli Emirati Arabi (+90%) e il Giappone (+27%), tutti già decisamente al di sopra dei livelli pre-Covid del 2019. I nuovi lockdown hanno frenato, come ampiamente previsto, l’export verso la Cina (-26,3% in valore nel bimestre aprile-maggio, che limita così la crescita ad un +3% nel cumulato 5 mesi), mentre crollano Russia e Ucraina (-53,5% e -77,2% nei 4 mesi successivi lo scoppio del conflitto).

Il settore prosegue dunque nel recupero post-pandemia, ma ancora una volta a due velocità: se le griffe internazionali del lusso corrono, molte sono le aziende tuttora in difficoltà tra le PMI. Non si possono poi non considerare gli aumenti allarmanti dei costi: oltre alle materie prime e ai trasporti, il caro energia mette a serio rischio i bilanci delle imprese. Si allentano le tensioni sul fronte occupazionale, con un lieve recupero nel numero di addetti e il crollo delle ore di CIG autorizzate; pressoché stabili, invece, le imprese attive (-15 unità rispetto a dicembre, tra industria e artigianato, -0,4%).