Lo scorso 18 gennaio, Expo Riva Show ha rinnovato il suo appuntamento di approfondimento delle tematiche di settore con l’intervista a Enrico Cietta – economista e Presidente del Comitato Scientifico di Expo Riva Schuh, oltre che CEO di Diomedea – condotta da Alberto Mattiello – business futurist, autore, imprenditore e keynote speaker, nonché anch’egli membro del comitato scientifico ERS in qualità di Responsabile per l’Innovazione.Il punto di partenza è stata la ricerca di mercato, condotta lo scorso anno dal Comitato scientifico di Expo Riva Schuh (scaricabile dal sito della fiera), da cui emerge un quadro del settore moda a livello globale fortemente condizionato dall’aumento esponenziale dei prezzi delle materie prime e dei trasporti. Il rischio che si delineava allora all’orizzonte era quello peggiore, cioè una deflazione – quindi bassa domanda da parte dei consumatori e crescita progressiva dei costi -, con le aziende costrette ad assorbire da sole tutti gli aumenti di costo senza la possibilità di trasferirli in parte sui prezzi finali, a causa della scarsa disponibilità all’acquisto. Un quadro a tinte scure, quindi, tanto più se visto alla luce di una condizione generale di grave difficoltà finanziaria delle aziende stesse, a causa della pandemia, con criticità nel cash flow e ritardi nei pagamenti da parte dei clienti. A distanza di qualche tempo, la situazione appare fortunatamente meno grave di quanto immaginato, soprattutto grazie al fatto che il mercato si è dimostrato molto più reattivo del previsto, con una domanda in crescita oltre le aspettative. A condizionare negativamente l’economia nei prossimi 4-5 anni resta tuttavia l’aumento generale dei costi e la crescita dell’inflazione: dopo molti anni in cui si è avuta un’inflazione all’1%, se non addirittura negativa, a fine dicembre la maggior parte dei paesi dell’UE e gli Usa hanno, infatti, registrato un’inflazione intorno al 4-5%.

 

Lo spettro inflazione

L’inflazione è stata determinata nel breve termine dalla carenza di scorte conseguente all’avvento della pandemia, con i retailer che hanno iniziato a non acquistare più per liberarsi di quanto già presente in magazzino, senza poi avere la capacità di reagire prontamente alla ripresa della domanda. Ci sono, però, anche cause a lungo termine che hanno determinato l’aumento del tasso di inflazione. La prima è legata al fatto che i governi nazionali hanno finanziato il sostegno dell’economia durante la pandemia aumentando il debito pubblico. La seconda ragione è, invece, legata alla spinta verso una produzione più sostenibile, con i governi che hanno sostenuto a livello economico questo cambio di marcia, senza tuttavia che ci fosse un simultaneo adattamento sul fronte dell’offerta di tecnologia e materie prime green, con un conseguente aumento dei prezzi.

Previsioni per i prossimi 4-5 anni

Per comprendere cosa ci aspetta nel prossimo futuro è necessario fare un passo indietro e analizzare la situazione del settore moda a livello globale alla fine del 2021. Si vedrà che gli Usa hanno reagito prima dei Paesi europei all’avvento della pandemia, facendo registrare già nel primo semestre 2021 una ripresa economica, che ha poi interessato anche l’Europa. La Cina, dal canto suo, è stato il mercato che ha accusato meno gli effetti della crisi globale e che ha registrato la ripersa economica più veloce. In generale, la calzatura classica ed elegante ha recuperato con più difficoltà rispetto a quella casual e sportiva, non a caso il 2021 è stato l’anno delle sneaker. Così come il mercato del lusso in Cina ha mantenuto sempre un andamento molto positivo in termini di numeri e di potere d’acquisto, grazie alla domanda in crescita di beni di lusso da parte della nuova borghesia cinese, giovane e molto digitalizzata. In Europa e Usa è anche cresciuto il mercato di fascia bassa. Partendo da questo quadro, si può prevedere che la crescita proseguirà nel corso del 2022 lungo queste direttrici, portandosi a livelli pre-Covid verso la fine del 2022, quantomeno per circa il 90% del mercato. La calzatura recupera più velocemente rispetto alla pelletteria, un comparto che comprende anche la valigeria, e che resta fortemente penalizzato dalla crisi dei viaggi e del turismo.

Verso nuove strategie di business

Il ritorno ai livelli pre-Covid non significa, però, uguali strategie a livello locale o globale. Si assiste, infatti, a un cambiamento radicale nel concetto stesso di ‘globalizzazione’. “Negli ultimi 20-30 abbiamo notato una spinta generale verso la globalizzazione, sia a livello del sourcing, sia dei global brands, sia degli investimenti nelle metropoli-chiave, con l’obiettivo di coprire a livello internazionale i diversi mercati” – afferma Cietta. “Questa idea di mercato globale è però irrimediabilmente cambiata, sia in termini di sourcing, sia di retail, che di modello di business. Con lo smart working le persone hanno iniziato a trascorrere meno tempo nelle grandi metropoli – dove si recavano ogni giorno per andare in ufficio – restando più spesso a casa e animando i piccoli centri urbani anche durante il tempo libero. Un fenomeno che ha convinto i grandi retailer a investire anche nei piccoli centri urbani, per essere più vicini ai consumatori nel loro tempo libero e nelle occasioni di shopping. Ciò non significa necessariamente che i grandi retailer debbano aprire punti vendita in ogni piccolo paese, ma sicuramente dovranno pensare a integrare la propria offerta con nuove forme di vendita multimarca”. “La parola-chiave del prossimo futuro – conclude Cietta – diventa quindi ‘integrazione’. Questo stato di cose apre la strada anche alla cruciale questione di come i grandi retailer potranno, in un futuro non lontano, interagire e condividere con il piccolo dettaglio, non solo il loro business, ma anche i dati di cui dispongono”.

Alberto Mattiello
Enrico Cietta